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La preparazione mentale nel sollevamento pesi

La preparazione mentale nel sollevamento pesi

PSICOLOGIA DEL SOLLEVAMENTO PESI

Ricordi quella volta in cui, durante un particolare allenamento o partita, il cuore è accelerato, la testa si è riempita di pensieri e la grinta che avevi si è dispersa? E ricordi cosa è successo dopo? Quella che doveva essere un’ottima prestazione, su cui avevi tanto lavorato, non è stata all’altezza delle tue potenzialità. Ricordi invece quando nella stessa situazione sei arrivato sicuro di te, calmo, grintoso? Sono sicuro che ti sia andata decisamente meglio.

Quando si parla di sport solitamente ci focalizziamo sullo sviluppo delle abilità fisiche. I più intrepidi potranno considerare l’alimentazione e l’integrazione. La gestione emotiva e mentale viene trascurata, ma è un elemento fondamentale ed in questo articolo capirai perché. Restare focalizzati e non lasciarsi trasportare dalle emozioni, gestire il contesto invece di sentirsi preda, permette di affrontare la partita, il gesto, l’alzata con la freddezza di un Jedi, e sappiamo bene di cosa sono capaci.


WEIGHTLIFTING” O SOLLEVAMENTO PESI

Parliamo di weightlifting o sollevamento pesi, uno sport olimpionico caratterizzato da due alzate: il clean & jerk e lo snatch. Nel primo caso vedremo un movimento continuo: l’atleta, con una presa larga, impugna il bilanciere, ed in un unico gesto lo solleva e porta sopra di sé, ritrovandosi accovacciato e con le braccia distese, per poi completare l’alzata tornando in posizione eretta e rimanendo fermo il tempo necessario perché i giudici possano convalidarla. Il clean & jerk, come suggerisce il nome, è composto da due fasi: a differenza dell’esercizio precedente il carico sollevato è maggiore e la presa più stretta. L’atleta solleva il bilanciere, si infila sotto, e con il bilanciere poggiato sullo sterno risale. La chiusura si ha con un’ulteriore spinta in alto, lo sportivo si infila di nuovo sotto col classico gesto della sforbiciata e distendendo le braccia, per poi rialzarsi in attesa dell’ok dei giudici.

Per avere un’idea di cosa stiamo parlando, il campione olimpico Wu Jingbiao ha effettuato lo snatch con 139kg ed il clean & jerk con 170kg, al peso corporeo di soli 56kg!

Fermati a pensare al tipo di sensazione che deve essere sostenere sopra la tua testa circa tre persone del tuo stesso peso. Tra le varie emozioni pensiamo subito alla paura di non farcela, di rimanere schiacciati, di infortunarci, ma anche di avere solo tre opportunità per portare in gara quattro anni di allenamenti e vincere, assieme alle aspettative nostre e degli allenatori. Phivos Phylactou della University of Technology di Cipro, dipartimento di scienze riabilitative, ha studiato le caratteristiche della mentalità dei campioni rispetto agli atleti non d’elité, riscontrando alcune differenze.


NELLA MENTE DEL CAMPIONE

Oscar Wilde suggerisce che l’“esperienza è semplicemente il nome che diamo ai nostri errori”. Il primo elemento che il professor Phylactou riscontra è la reazione all’errore: saper rimediare stando nel qui ed ora dimenticando quello che non è andato bene per non influenzare la prestazione successiva. Il secondo ingrediente è la fiducia in se stessi, che può dipendere dall’esterno e dall’interno. L’esterno è il contesto (i compagni, il pubblico, gli altri in generale), mentre quello interno, fondamentale, riguarda la credenza che ha l’atleta di avere successo. In questo modo lo sportivo si libera del peso dell’aspettativa altrui, che potrebbe risultare stressante o umiliante nel caso di un fallimento. Avere un saldo “centro di gravità permanente” rende immuni dall’influenza negativa esterna: quando sei in gara solo con il bilanciere, niente e nessuno riuscirà a scalfire la fiducia che hai in te, la concentrazione, l’impegno, la grinta.


SAPERSI ASCOLTARE

Un ulteriore elemento messo in evidenza è la capacità di sapersi ascoltare. Facciamo un esempio: l’atleta sta scegliendo il carico per l’ultima alzata, quella che potrebbe farlo vincere. Il campione si riconosce perché cerca di superare i suoi limiti dando il massimo ma senza esagerare. Ascoltarsi riguarda proprio saper riconoscere i limiti del proprio corpo senza sovraccaricarlo ed incorrere in infortuni dannosi per la stagione, o la carriera, di un atleta. Il ruolo dello psicologo dello sport è insegnare questa abilità per fare in modo che l’atleta sappia regolarsi autonomamente nei momenti giusti. In parallelo c’è l’attenzione focalizzata (liberarsi dai pensieri inutili e concentrarsi su ciò che è utile in quel momento) ed il self-talk: ti sei accorto che quando stai per fare un esercizio di ripeti delle parole? Bene, lo stai facendo. Pensa all’atleta che è in pedana col tempo che scorre: è controproducente per lui ripetersi “dai su, puoi farcela, non è così difficile”, meglio una formula “tira e spingi” – concisa, chiara, positiva, sulla prestazione e d’impatto. Infine il Dr. Phylactous ci ricorda della respirazione, utile al controllo dell’attivazione. Non si trova però un “unico modo di respirare”, proprio perché ognuno ha necessità diverse di attivazione: chi si deve “caricare” respirerà con più energia rispetto a chi cerca un maggior rilassamento.


L’ABITO MIGLIORE E’ QUELLO FATTO SU MISURA

La ricerca evidenzia che sia campioni olimpionici che atleti non d’elité utilizzano strategie simili. Simili: è proprio da questa particolarità che sboccia il campione. Ogni persona necessità, bisogni e richieste specifici, ed essere accompagnati da un professionista è ciò che fa la differenza. L’atleta, la persona, non è solo il corpo fisico ma la sua interazione con la mente, spesso dimenticata o sottostimata. Sfruttarla, controllarla, gestirla è cruciale tanto quanto sapersi allenare correttamente con le giuste serie e ripetizioni, i giusti recuperi, la giusta alimentazione. Perciò se vuoi che “la forza sia con te” sperimenta, ma con chi può darti i mezzi giusti!


Articolo a cura del Dott. Umberto Tagliasacchi, Psicologo





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