Manuel Bortuzzo: tra riabilitazione e Tokyo 2020
UN’ALTRA DIMENSIONE
La Psicologia dello sport è anche dello sport che non si può più fare ma che si può rincorrere e in cui sperare post infortunio.
La triste vicenda del nostro nuotatore Manuel Bortuzzo, ferito da colpi di pistola, per la sfortunata coincidenza di essere stato nel posto sbagliato al momento sbagliato, l’ha allontanato dall’agonismo a cui era abituato e che praticava tenacemente e catapultato in un’altra dimensione, tremendamente faticosa.
NON POTEVO PERDERE TEMPO
“Tra dieci anni mi vedo in piedi. Ma spero di riuscirci anche prima” sorride il nuotatore veneto rimasto paralizzato agli arti inferiori dopo essere stato ferito nella notte tra il 2 e 3 febbraio alla periferia sud di Roma, e ripercorre le fatiche della riabilitazione per tornare a camminare. “La riabilitazione procede molto bene, abbiamo in mente un piano di recupero molto serrato ma non sappiamo dove finirà. Non ci sono tempi certi, il cronometro a cui ero abituato non c’è più. Prima mi allenavo mattina e sera, ora faccio riabilitazione mattina e sera. Fortunatamente lo sport mi ha abituato a certe fatiche”. Bortuzzo si emoziona quando ricorda tutti i messaggi ricevuti in questi mesi: “Mi ha stupito che celebrità e musicisti mi abbiano scritto. Poi Totti, Bebe Vio e tanti altri. L’altro giorno mi ha scritto ancora Gregorio Paltrinieri e mi ha detto che gli manco: evidentemente qualcosa gli ho lasciato nei nostri allenamenti ad Ostia. In questi mesi non ho avuto tempo di pensare a chi mi ha sparato o di provare qualcosa per loro. Ho avuto davvero tante altre cose da fare, non potevo perdere tempo. In merito alla mia vicenda giudiziaria, l’ho affidata a chi ne sa di più, ci penseranno i miei legali. Io devo pensare solo a me stesso. Un giorno farò qualcosa per fare in modo che quello accaduto a me non accada più ad altri, chi mi ha sparato è in carcere ma ce ne sono tanti altri. Il problema resta. Farò una associazione con un nome “figo” per raccogliere fondi per le persone come me ma che sono state meno fortunate di me”.
BATTERE QUEGLI ATLETI RICHIEDE IL DOPPIO DEL CARATTERE
Gli obiettivi sono cambiati, ma sono sempre molto ambiziosi come lui del resto: arrivare a Tokyo 2020. Non saranno le Olimpiadi, come prima. Saranno le Paralimpiadi. Lo porteranno fin lì le sue braccia e il cronometro, se segnerà i tempi giusti. E non è detto che sia più facile. Anzi. Manuel si è già documentato: «Non avevo mai visto prima il nuoto paralimpico. La nostra Nazionale è una delle più forti del mondo. Battere quegli atleti richiede il doppio di carattere. Bene. Dovrò mettermi sotto tanto, per competere». Questo è Manuel Bortuzzo: una promessa del nuoto italiano in qualunque vasca e in qualunque burrasca.
TESTA DURA
Da quando ha lasciato la terapia intensiva dell’ospedale San Camillo, si pone traguardi semplici: «Come un atleta si prepara a una gara, così io mi preparo a uscire da qui. Mi sono detto: entro questo giorno devo riuscire a lavarmi e vestirmi da solo; entro quest’altro devo rifarmi il letto o muovere io la carrozzina. Cose banali». Non è vero. Non lo sono più per nessuno, quando un proiettile ha tranciato l’undicesima vertebra, provocando una lesione midollare completa. Insomma, interrotto del tutto i collegamenti con la parte inferiore del corpo. Ma possono tornare in pochissimo tempo a essere gesti correnti, se la centrale di comando di quel corpo è la testa dura di Manuel.
UN CAMPIONE DI RESILIENZA
La disciplina che lo sport insegna, resta indelebile nella testa degli atleti, che quindi sviluppano una grande resilienza e combattività anche nelle vicende più avverse.
Darsi degli obiettivi è la chiave per raggiungere risultati sempre più grandiosi, e un’atleta lo sa bene. Il goal setting, tecnica regina in un percorso di mental training, aiuta ad alimentare la motivazione e sostiene anche nei momenti più incerti e difficili, come questi che spettano a Manuel, in cui ogni giorno è sfida, non ci sono più settimane di carico e scarico: la gara è quotidiana.
Stefania Cicali
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