Catania Beach Soccer campione d’Italia! – INTERVISTA A GABRIELE GRASSO
Lo sport da sempre offre l’opportunità di avventure emozionanti e vitali in un’ottica educativa. Oggi la rubrica “INTERVISTE” si occupa di uno sport di cui difficilmente leggiamo sulle prime pagine dei giornali ma che è stato ugualmente teatro di una bella impresa di rivincita, valore e tenacia.
Lo scorso 12 agosto si è disputata la finale di campionato di Beach Soccer.
Il beach soccer è un gioco simile al calcio ma giocato esclusivamente sulla sabbia. E’ uno sport praticato da molti decenni ma solo a partire dal 2000 è stato ufficializzato dalla FIFA e sono iniziati i primi campionati nazionali e internazionali.
Quest’anno lo scudetto italiano è andato al Catania Beach Soccer che a luglio aveva vinto anche la Coppa Italia.
Conquistare un grande obiettivo è sempre qualcosa di importante, ma questa volta si tratta di una realizzazione dal sapore epico. Infatti erano ben 10 anni che il Catania Beach Soccer non vinceva il campionato e 13 anni che non vinceva la Coppa Italia. Tra l’altro quest’ultimo trofeo per i catanesi si era caricato di un valore speciale, dal momento che negli ultimi 7 anni avevano conquistato 5 finali, risultando sempre sconfitti.
E quest’anno inoltre l’organizzazione della Final Eight di campionato è toccata proprio alla città etnea, ed ha visto approdare in finale, assieme al Catania Beach Soccer, proprio la Sambenedettese, la stessa squadra che lo scorso anno, ai tempi supplementari, negò ai catanesi la gioia dello scudetto.
Abbiamo raggiunto il dott. Gabriele Grasso, psicologo dello sport, nonché uno dei fondatori del Centro Mental Training: proprio quest’ultimo anno è stato il preparatore mentale del Catania Beach Soccer, il primo mental trainer mai ingaggiato dalla società catanese.
Buongiorno Gabriele,
1) Partiamo dall’inizio: perché la società del Catania Beach Soccer ha deciso di ingaggiare uno psicologo dello sport?
La possibilità è nata dall’interesse di uno dei membri della dirigenza della società catanese, che ha ritenuto importante lavorare sull’aspetto psicologico in una squadra che, per valori atletici e tecnici aveva tutto per vincere già da molti anni, ma che alla fine della corsa, arrivati ad un passo, vedeva il più delle volte sfuggire gli obiettivi stagionali.
2) Lo staff e i giocatori del Catania Beach Soccer sono stati contenti di collaborare con uno psicologo? Quali erano le aspettative?
Non ci sono state specifiche aspettative, ma una immediata disponibilità ad attenzionare anche questo aspetto, il che è stata per me una ulteriore conferma dell’interesse che nutrono, non solo gli atleti ma anche le altre professionalità dello staff tecnico (come il video analista o il preparatore atletico) con cui abbiamo collaborato, nel momento in cui le società offrono loro questa possibilità.
3) Come hai trovato l’ambiente? Quale era il clima?
Consideriamo che la società si è ritrovata ad affrontare un cambio di allenatore a ridosso della prima tappa di campionato. Quindi tutto l’ambiente era necessariamente coinvolto da una situazione così importante. La gestione di questo momento (risolto attraverso un cambiamento interno alle risorse già presenti nello staff tecnico) seguito specialmente da un grosso lavoro di organizzazione interna del lavoro e dei ruoli, ha dato alla squadra le giuste certezze fondamentali per far esprimere tutto il potenziale e soprattutto esprimerlo con costanza, al di là delle problematiche situazionali e delle circostanze che un campionato di per sé ti porta a dover fronteggiare.
4) A livello mentale quali sono state le criticità e punti di forza che hai riscontrato?
All’interno del lavoro di organizzazione di cui vi ho parlato, un altro obiettivo concomitante, a livello mentale, era interrompere quel circolo vizioso consolidatosi nel passato che, dopo percorsi stagionali che la vedevano molte volte imbattuta, ha visto la squadra ripetutamente sconfitta nelle gare finali sia di campionato che di coppa Italia. Instaurare un clima di squadra di cooperazione e fiducia totale, che riuscisse ad andare al di là dei semplici concetti di vittoria o sconfitta, è stato fondamentale per vivere una stagione che ha visto la squadra uscire battuta da una importante gara di campionato (contro un possibile avversario per il titolo come il Napoli), ma senza per questo mai scomporsi, e facendosi anzi forte di quel clima di cui dicevamo, risultare vincente al termine della corsa, imponendosi in tutta la Final Eight, finale compresa.
5) Hai notato tecniche di preparazione mentale autodidatte nei giocatori?
Al di là di quei piccoli rituali che alcuni giocatori possono mettere in pratica prima di andare in partita, no. Anche in quei casi si trattava comunque di abitudini create nel tempo e ormai stabilmente ripetute prima di affrontare la partita, e non di vere e proprie Routine Pre-Gara, lavorate e strutturate, come si potrebbe fare in un percorso di preparazione mentale con uno psicologo dello sport.
6) C’è un aspetto della preparazione mentale che ha favorito una particolare “svolta” nella mentalità della squadra?
Determinante è stata proprio la strutturazione di uno spazio, come quello delle riunioni prima interne allo staff e poi tra staff e giocatori, dove fosse possibile, integrando tutti i contributi a disposizione, esprimersi, proiettarsi in gara e nel percorso stagionale, nel modo in cui questo specialmente andava attraversato. Questo è stato fondamentale per la creazione di un sentire di squadra che andasse al di là delle singole potenzialità chiamate a scendere in campo, che, se pure elevate, necessitano sempre di un sentire comune. Ovviamente questo è stato propedeutico per una buona analisi, di volta in volta, di tutti gli aspetti in causa: tanto quelli tattici quanto di quelli mentali e ambientali, che le varie fasi della stagione e soprattutto dell’evoluzione della squadra rispetto al passato richiedevano.
7) Al di là delle tecniche, il clima relazionale ha influito sulle prestazioni dei giocatori? Oppure hai notato l’indipendenza tra aspetti relazionali e prestazione sportiva?
Clima e organizzazione sono stati assolutamente due pilastri della stagione e delle performance di squadra. Le tecniche (di qualsiasi disciplina siano), così come la tattica o altro, assumono valore all’interno di un campo relazionale, che a mio modo di vedere rappresenta quindi il primo spazio di cui prendersi cura e a cui lo psicologo dello sport deve porre grande attenzione. Sia che si giochi sulla sabbia, sul parquet, sulla terra o su un prato.
8) Secondo te nello sport sta aumentando la sensibilità al lavoro sulla parte mentale?
Diciamo che se ne inizia a fare un gran parlare e questo ha i suoi pro, ma credo ci sia ancora un po’ di confusione per dirci vicini ad un completo coinvolgimento di questa professionalità, che resta a mio modo di vedere ancora legata all’interesse individuale del singolo sportivo o ad ambienti diciamo “di nicchia” che davvero integrano questa figura alle altre coinvolte nella preparazione di uno sportivo, così come dovrebbe invece essere di norma.
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